Una Voce per sempre/Il libro di Tartaglia sulla storia del quotidiano del Pri presentato alla Lidu

Giornalismo e politica dalla Prima Repubblica a oggi

di Riccardo Bruno

La presentazione del libro di Giancarlo Tartaglia sulla storia della "Voce Repubblicana" organizzata ieri a Roma dalla Lega per i diritti dell’uomo, presieduta dal parlamentare del Pri Alfredo Arpaia, è stata anche un’occasione per rivedere, in una sala piena di gente, i volti di molti vecchi amici. Senatori della Repubblica come Antonio Duva, ministri come Aristide Gunnella, figure storiche come Mario Del Vecchio. Molti del pubblico si sono allontanati dal Partito repubblicano e pure provano ancora un legame affettivo con quello che è l’organo storico di informazione del partito. "La Voce" rappresenta un valore in sé, racchiude vicende personali e professionali, occasioni di dibattito e di confronto politico ed esercita un richiamo ideale tutt’altro che reducistico.

Ma il filo che teneva insieme gli interventi dei relatori ospiti della Lidu era l’insoddisfazione profonda per l’evoluzione del quadro politico. Stefano Tomassini, il formidabile autore della "Storia avventurosa della Rivoluzione Romana", è diventato giornalista professionista alla "Voce Repubblicana" e ha sottolineato come nella formazione politica dei nuovi partiti manchi un’adeguata preparazione e come questo si dimostri tutti i giorni. Certo, siamo consapevoli di come il vissuto retroterra mazziniano rischi di diventare materia di antiquariato. Rispetto solo a trent’anni fa, sono però venute meno molte certezze, ad esempio quella sul ruolo di una forza di minoranza laica e democratica che "La Voce" ha sempre cercato di interpretare. Le divisioni della storia italiana in grandi e semplici categorie, Piagnoni contro Palleschi - dice Tomassini - finiscono per avere il sopravvento. Chi è strutturalmente diverso da questa spartizione del campo di battaglia, si trova suo malgrado a mal partito. Guido Compagna ha respirato fin da ragazzo tutte le peculiarità della lotta politica del secondo dopoguerra. Gli è quasi insopportabile la trasformazione avvenuta nel nuovo secolo ed è a un passo dallo sconfinare nella nostalgia. Rappresentare chi ha raccolto l’eredità morale di Francesco Compagna è opera ardua. Del resto, questa difficoltà si avverte anche nel fratello Luigi che pure da senatore della Repubblica dovrebbe essere più a suo agio, è invece non lo è. I vecchi giornalisti di scuola repubblicana, chiamati a ricordare i loro anni passati al giornale, lasciavano trasparire una insoddisfazione palpabile per il sistema bipolare quale si è costituito con il maggioritario. Anche chi come Andrea Valentini sembrerebbe più propenso ad accettarlo, è costretto a denotare la contraddizione di un sistema sostenuto in teoria da chi pure poi agisce per sfasciarlo. Sia il Pd che il Pdl presentano posizioni discordanti al loro stesso interno, tanto da apparire almeno 4 partiti diversi fra loro e non due. Se il bipolarismo maggioritario ancora è in corso d’opera, il preteso bipartitismo è già fallito nei fatti. Più che a Monti bisogna pensare a Grillo. La "Voce Repubblicana" era pur sempre un elemento dissonante nello stesso schema bipolare della Prima Repubblica. Rappresentando un partito che si voleva coscienza critica della sinistra, o che si definiva "l’altra sinistra", pur saldamente alleato della Dc, era di per sé conteso nella sua stessa natura. Rispetto alla vecchia generazione dei giornalisti della "Voce Repubblicana", quelli di oggi hanno cercato di approfondire queste categorie specifiche del Pri, "cardine" di un sistema o "cerniera" per il cambiamento. Non è stata un’impresa facile, perché ogni volta che il partito si spostava sullo scacchiere politico, perdevamo dei pezzi. Tuttavia non ci siamo scoraggiati, anche perché la "Voce" di oggi sentiva il dovere di mettere a fuoco alcuni momenti importanti della nostra cultura e della nostra storia. Alla parete del salone della Lidu in cui si è svolto il dibattito, c’era un ritratto classico del nostro Risorgimento che ritraeva Mazzini, Cavour, Garibaldi, i Savoia. Tutti insieme. La "Voce" di questi anni ha scavato a fondo per mostrare tutte le contraddizioni di una storia che si vuole unitaria nonostante il contrasto radicale fra Repubblica e monarchia che l’ha segnata. Se dobbiamo fare il bilancio della vicenda politica italiana, anche l’unità sotto i Savoia ha un suo peso negativo, che poi si sarebbe scontato: è quello che viene considerato il Risorgimento incompiuto. La "Voce' di questi ultimi anni ha anche lavorato retrospettivamente per mettere in risalto il contrasto fra Pacciardi e La Malfa, in una considerazione critica del centrosinistra che molti repubblicani ritengono invece una destinazione naturale. La "Voce" sopravvissuta ai grandi traumi che hanno spazzato il Pri dal 1992 ha tentato anche di mettere in questione gli schemi più tradizionali del pensiero repubblicano. La ragione ci era parsa semplice e percepibile proprio lasciando la sede della Lidu a Piazza dell’Ara Coeli a Roma. Si passava davanti a Botteghe Oscure, dove una volta c’era il Pci, poi a Piazza del Gesù, dove una volta c’era la Dc. Partiti implosi mentre osservavano scrupolosamente le loro liturgie e le loro tradizioni. Forse i tanti amici presenti alla Lidu non se ne sono accorti, ma noi, un Partito Repubblicano per quanto piccolo, vogliamo esista ancora.